Precipita la fiducia delle imprese del terziario bergamasche, che in questo autunno subisce un duro colpo. Questo è quello che emerge dall’Osservatorio congiunturale realizzato da Confcommercio Bergamo insieme a Format Research, con un focus su clima di fiducia e aumento dei costi delle bollette. Il linea con il quadro nazionale, il clima di fiducia scende da 36 a 26, ma è prevista un ulteriore caduta entro marzo 2023 a quota 24. Il dato tuttavia è migliore della media italiana, stabile a 21.
Secondo la ricerca, la crisi energetica ha frenato l’affannosa corsa per il recupero dalla pandemia, che durava da due anni, rischiando così di avere conseguenze molto più pesanti rispetto all’emergenza sanitaria. Basti pensare che l’indicatore nazionale medio della fiducia si presenta più basso rispetto al periodo del lockdown più duro, a marzo 2020. Inoltre la pandemia era percepita come una crisi passeggera, anche se dura, mentre i rincari di gas ed energia sembrano di tipo strutturale. Infatti la quasi totalità delle imprese bergamasche (93,3%) ritiene che le spese energetiche della propria impresa nel 2022 aumenteranno. Per tamponare l’aumento dei costi le imprese saranno quindi costrette a rivedere i propri prezzi e ad adottare politiche per una significativa riduzione dei consumi energetici.
Se la situazione di crisi persiste, saranno a rischio quasi 2 mila imprese del terziario del territorio e poco meno di 6 mila posti di lavoro. Già adesso sono circa 500 le attività che potrebbero essere costrette a chiudere per colpa degli aumenti del costo dell’energia.
Se otto imprese su dieci non avevano pianificato alcun investimento per i prossimi sei mesi, del 16% di imprese che li avevano messo a budget, più della metà (l’8,9%) rinuncerà a quanto programmato. Gli investimenti riguardano: formazione (48%), immobili (32%), sostenibilità (23%), ristrutturazione locali 21%, marketing e pubblicità 14,3%, digitalizzazione 13%.
Per Confcommercio Bergamo, quanto fatto finora dal precedente governo e dagli enti coinvolti è poco più di un palliativo rispetto al problema che appare ora in tutta la sua drammaticità. Il caro bollette richiederà infatti cambi organizzativi legati all’apertura e ai turni di lavoro e di fatto la crisi energetica ferma più della metà degli investimenti programmati dal settore del terziario, con inevitabili ripercussioni anche sul futuro.