MILANO – Una lettera con alcune richieste precise. E’ quella firmata da 81 sindaci dell’area di Milano, che chiedono alla Regione Lombardia di adottare una nuova strategia per cercare di contenere la diffusione del coronavirus e di dare una maggiore assistenza ai cittadini. Una voce che non si può ignorare, richieste che meritano una risposta. E che, nel frattempo, sottoponiamo a tutti i lettori: un punto di vista in più per farsi un’idea riguardo a questo tema che sta coinvolgendo tutti, chi dal punto di vista emotivo, chi purtroppo anche dal punto di vista affettivo per la perdita dei propri cari.
Chiediamo a Regione Lombardia di cambiare strategia nella lotta al coronavirus. Dal confronto con i medici di base, che hanno il contatto diretto con la popolazione, emerge che a loro giudizio l’epidemia è più diffusa di quello che appare dai dati ufficiali e che conseguentemente il numero di malati è sicuramente più alto. Molti cittadini sono a casa con sintomi riconducibili al COVID19 ma non ricorrendo alle cure ospedaliere non vengono sottoposti a tampone e quindi non sono tracciati e non essendo tracciati potrebbero contribuire al diffondersi dell’epidemia. C’è inoltre la situazione delle persone sottoposte a quarantena il cui numero appare assolutamente sottostimato e che quindi rappresenta un aspetto del contagio largamente fuori controllo.
Ci sono esperienze all’estero e in Italia, prima fra tutte quella della regione Veneto, che indicano come strada alternativa quella della “sorveglianza attiva” che prevede di fare i tamponi a tutte le persone con sintomi riconducibili al Covid19, soprattutto le persone che sono a casa ammalate e non ricorrono all’assistenza ospedaliera, e in base al risultato di sottoporre conseguentemente a tampone i familiari e tutte le persone con le quali sono entrate in contatto.
Sono esperienze che hanno dimostrato la loro validità e che, sebbene in ritardo, possono essere introdotte anche nella nostra Regione.
Chiediamo per questo a Regione Lombardia di cambiare rotta, di studiare ed attuare con i tecnici delle Aziende Sanitarie e gli esperti di epidemiologia una strategia che punti sulla sorveglianza attiva e sull’assistenza medica domiciliare. E di arrivare alla definizione di un “patto per la salute dei lombardi” esteso a tutti i soggetti coinvolti che condividno una strategia di azione comune. Inoltre evidenziamo la assoluta necessità di sottoporre periodicamente al tampone i medici di base e ancor più di dotarli in giusta quantità di tutti gli strumenti indispensabili per poter eseguire in massima sicurezza l’assistenza al domicilio dei pazienti, che le sperimentazioni in corso in Emilia Romagna dimostrano essere un valido strumento di azione.
I comuni si mettodo a disposizione per fare la loro parte, anche individuando e mettendo a disposizione, con il supporto di Regione Lombardia, strutture idonee per ospitare le persone che devono trascorrere il perodo di quarantena e non lo possono fare al loro domicilio. Siamo in ritardo, ma siamo ancora in tempo.