Un lungo elenco di pubblicazioni da cui ogni buon cristiano avrebbe dovuto tenersi alla larga: l’Index Librorum Prohibitorum, ovvero l’indice dei libri poibiti, viene ufficialmente abolito il 4 febbraio 1966.
L’idea di stilare un elenco non è proprio recente. L’indice viene istituito ufficialmente nel 1558 su iniziativa di Papa Paolo IV che delega il compito alla Congregazione della sacra romana e universale inquisizione. E’ la volontà di dare un ordine a quei titoli che la Chiesa, già nel corso dei secoli, ha considerato eretici, con pagine considerate contro il clero e la dottrina oppure contro la morale.
Nel primo elenco non mancano autori che a tutt’oggi vengono studiati nelle scuole: Dante Alighieri (“De Monarchia”), Giovanni Boccaccio (Il “Decameron”), Niccolò Machiavelli. In buona compagnia con il teologo francescano Guglielmo di Ockham, il Talmud.
Nei suoi quattro secoli di esistenza l’indice verrà aggiornato più di venti volte, l’ultima nel 1959. Aggiungendo nel tempo gli scritti di Balzac, Cartesio, Alexandre Dumas (padre e figlio), Montesquieu, Pascal, Zola. Non manca una folta schiera di italiani, che spaziano da Vittorio Alfieri a Cesare Beccaria, Benedetto Croce, Gabriele D’Annunzio, Ugo Foscolo, Galileo Galilei, Giacomo Leopardi, Alberto Moravia.
La svolta arriva con il Concilio Ecumenico Vaticano II. Libro soppresso. Basta proibizioni, la Chiesa volta pagina lasciandosi alle spalle un clima da inquisizione. I tempi sono cambiati per tutti.