SEREGNO – Si può fare il bene, ma si può anche farlo bene. La Casa della Carità di Seregno, progetto che ha trovato concretezza negli spazi dell’ex istituto “Pozzi” di via Alfieri, è davvero da applausi: per i suoi obiettivi, per la sua concretezza, per com’è strutturata. Qui la solidarietà non è soltanto un concetto astratto, non si tratta di fantasia. È frutto di una intuizione della comunità pastorale, capace di riunire tutte le realtà caritatevoli del territorio e di fare sforzi notevoli affinché la persona in difficoltà possa essere presa in carico e seguita in tutte le sue necessità.
“Dal sono bisogna passare al segno”, diceva Monsignor Molinari dando il via a questa esperienza, straordinaria sotto tutti punti di vista. Non solo per le tante forze in campo, che tradotto in numeri significa un esercito di quasi 120 volontari impegnato costantemente, ma anche per la sua portata (visto che intercetta necessità anche di realtà limitrofe quali Desio, Cesano Maderno, Meda) e, naturalmente, anche per l’impegno economico che richiede.
“A suo modo – spiega Luigi Losa – anche questa è una azienda. Ogni anno comporta una spesa di circa 200mila euro”. C’è un particolare: si tratta di una “azienda del bene”, perché dà tanto senza chiedere nulla in cambio. E’ la ricchezza del volontariato, capace di andare anche oltre quello che un’arida normativa non è in grado di prevedere: definiamo pure la Casa della Carità come una società a responsabilità illimitata, perché l’azione a sostegno della persona è a tutto campo.
In questo luogo al momento sono operative la Scuola di italiano per stranieri (che ha dato vita a un corso parallelo di taglio e cucito), capace di raccogliere dalle 70 alle 100 adesioni; c’è la mensa che ogni giorno (365 giorni all’anno) sfama una ventina di persone; opera il Centro di aiuto alla vita che sostiene una cinquantina di donne in dolce attesa; c’è il magazzino per la raccolta alimentare (con tanto di volontari che fanno il giro dei supermercati), capace di portare il pacco mensile a 130 famiglie; coinvolge la San Vincenzo e la Caritas; è in funzione il Piano Freddo (che garantisce una camera con bagno a 20 persone, 16 uomini e 4 donne); il sabato mattina c’è il Servizio docce per i senzatetto. In futuro, risorse permettendo, aprirà all’interno della proprietà anche l’emporio solidale.
“Nel giro di pochi mesi – commenta Monsignor Molinari – sono partite tante attività. La città si è accorta di questa importante realtà e si dimostra molto vicina. Seregno non è più solo la città del commercio o della musica, è sempre di più la città della cura verso i più bisognosi. La Casa della Carità è un progetto che coinvolge tutti. È un bell’esempio di welfare di comunità. Non facciamo i miracoli, ma ci proviamo”.
“Siamo all’inizio – avverte Losa – ma le idee sono chiare. È importante l’assistenzialismo, ma non dev’essere fine a se stesso. Qui si punta al recupero della persona, i senzatetto imparano ad avere cura della loro pulizia, poi della loro stanza. Ci vogliono anni, non è semplice. Ci sono però passi ulteriori: in futuro, se recuperati, bisognerà dare una risposta al bisogno educativo e, infine, alla necessità di lavorare. È una sfida che mette in gioco anche lo stesso volontariato, che deve crescere e deve imparare a intercettare i nuovi bisogni”.