MONZA – Più che nell’impasto, le mani sono nei capelli. I costi dell’intera filiera produttiva del pane sono cresciuti in modo insostenibile e ora a lievitare, oltre agli impasti, saranno anche i prezzi per il consumatore. Per i panificatori artigiani la strada però è diventata strettissima. “Se aumentiamo il costo finale rischiamo di perdere coloro che già hanno ridotto i consumi. Se abbassiamo la qualità, ci giochiamo la clientela più esigente, che è quella sulla quale tutti noi scommettiamo. Ma se non ritocchiamo i prezzi, non incassiamo il margine che ci consente di vivere e stare sul mercato. Complessivamente si tratta di uno/due centesimi a pagnotta ma noi dobbiamo moltiplicare questo costo decine di migliaia di volte per ogni panino che inforniamo. Per fortuna arriva Natale. A Milano e in Brianza ci salveremo certamente con la solita impennata nei consumi e coi panettoni, che però costeranno come minimo il 10% in più, se l’altro 10% che sarebbe necessario ce lo paghiamo noi”, spiega il presidente di Unione Artigiani Milano e Monza-Brianza Stefano Fugazza, terza generazione di una famiglia di panettieri da 110 anni attivi nel quartiere Lambrate.
L’allarme, per la categoria, è già rovente: in pochi mesi le farine di qualità media sono aumentate fino all’80% ed è previsto un ulteriore balzo dal prossimo anno. Si registra una crescita vertiginosa dei prezzi di tutte le altre materie prime: burro, lieviti, olio, marmellate, cioccolato, senza parlare dei tempi di approvvigionamento e dei costi dei trasporti. Sono schizzati anche tutti i prezzi dell’energia, dal gas all’elettricità che impattano pesantemente sulle bollette per i forni.
Di questo passo la strada è segnata. I panificatori rischiano di diventare “possi”, come il pane invenduto. Avverte Fugazza: “Fra poco non avremo più margini da rosicchiare per poter stare in piedi. Serve un intervento straordinario sulla filiera”. Insieme a tutti questi problemi, si aggiunge la mancanza di un ricambio di generazionale per un mestiere che richiede una dedizione unica.
Secondo i dati della Camera di Commercio di Milano, Lodi e Monza-Brianza elaborati dall’Ufficio Studi di Unione Artigiani, nella provincia briantea le panetterie artigiane attive sono oggi 168, un numero che è rimasto pressoché costante nell’ultimo decennio mentre le sole rivendite di pane sono calate, sempre nello stesso periodo, da 50 a 35. Tiene chi unisce la produzione con la ristorazione, in particolare nei centri storici o nelle vie dello shopping o degli uffici, anche se lo smart working sta costringendo alcuni panettieri a rifare i conti. “Questo significa che c’è una domanda di qualità e un riconoscimento del valore del pane artigiano – conclude il Segretario Generale di Unione Artigiani Marco Accornero – ma temiamo il rischio che il nostro mercato si polarizzi tra il pane gourmet per chi se lo potrà permettere, e quello precotto delle grande distribuzione, in particolare delle catene low-cost. Con il rischio di un progressivo abbandono del panettiere del quartiere”.