SEVESO – La diossina in città c’è ancora. Non fa più paura, ma è bene tenerne conto per le nostre abitudini alimentari se consumiamo i prodotti del nostro orto: certezze sulla salute, a fronte di un consumo intensivo, non esistono. È quanto è stato detto a chiare lettere nel corso del convegno organizzato nella mattinata di ieri dalla Fla (Fondazione Lombardia per l’Ambiente) in collaborazione con l’amministrazione comunale.
Proprio nella sede della Fla gli esperti si sono dati appuntamento per fare luce sulla presenza di Tcdd al suolo a distanza di 43 anni. Un incontro più volte sollecitato dalle associazioni ambientaliste e dalle stesse amministrazioni comunali di Seveso, Cesano Maderno e Desio, non solo per un dovere di trasparenza, ma anche per dare risposte ai cittadini. A più riprese, del resto, sono state eseguite attività di campionamento e di analisi del terreno proprio per capire se si può ancora ritenere reale il pericolo di tossicità.
“Abbiamo svolto l’indagine di valutazione del rischio residuo – ha spiegato l’ingegner Giuseppe Pastorelli della Fla – per la valutazione di eventuali misure da adottare in vista di pianificazioni territoriali e consumo di suolo”. Con una precisazione: non uno studio finalizzato alla realizzazione di Pedemontana. Il tema dell’autostrada, al contrario, è stato un supporto per la nuova analisi. “Siamo partiti da una ricognizione dei dati esistenti – ha aggiunto Pastorelli – per capire dove mettere i punti di campionamento. Con una particolare attenzione alla zona B per un motivo molto semplice: mentre la zona A, quella più pesantemente colpita dal disastro dell’Icmesa, è già stata bonificata, nella zona B non si è intervenuti in modo altrettanto deciso. Ai dati storici abbiamo messi insieme quelli dei campionamenti di Pedemontana, ricavando un totale di 546 punti di campionamento”.
A questi sono stati sovrapposti mappe tematiche, che variano dal consumo di suolo ai nuovi Piani di governo del territorio approvati dai Comuni, andando soprattutto a focalizzare l’attenzione sulle aree verdi: “In quelle – ha commentato Pastorelli – del resto non c’è stata movimentazione di terreno. Il risultato, alla fine, è stato quello di individuare 30 punti su cui abbiamo eseguito indagini entro i primi trenta centimetri di terreno. Non siamo andati più in profondità, perché su quei terreni non sono previsti scavi e, pertanto, abbiamo potuto esaminare le aree più a contatto con i cittadini”.
Il risultato è stato molto chiaro: nel cinquanta per cento dei punti analizzati della zona B si è riscontrato il superamento della soglia di diossina, mentre per la zona R il dato è solo del 15 per cento. Risultati di fatto analoghi a quelli dei campionamenti effettuati da Pedemontana.
Dall’analisi emergono altre due indicazioni: secondo gli scienziati dal verde pubblico e dagli orti urbani non si ricavano elementi di preoccupazione. Il livello di inquinamento (10 picogrammi per metro cubo) è tutto sommato pari a quello delle zone industrializzate (9 picogrammi). Per la Commissione Europea il limite accettabile è fino a 14 picogrammi.
La seconda indicazione emersa, tuttavia, fa riflettere. Se per l’uomo la diossina è tollerabile, il discorso cambia relativamente al consumo dei prodotti della terra. Chi ha l’orto domestico e al suo pranzo aggiunge ogni tanto qualche prodotto, non rischia nulla. Chi, invece, basa le sue abitudini alimentari su un consumo intensivo dei suoi prodotti, sappia che non ci sono certezze o rassicurazioni per il suo stato di salute.
“Sarà la nuova frontiera degli studi da compiere – è stato il commento di Pastorelli – visto che nello studio del 2003 ci si è basati sulla letteratura scientifica. Sarebbe stato impensabile ai tempi procedere diversamente, perché non c’erano né i tempi né i soldi per una sperimentazione di questo tipo. A oggi posso dire che le considerazioni sull’utilizzo saltuario dei prodotti restano valide, il resto è un discorso da approfondire”.